Da uno scambio di battute
su Facebook è nata l’idea di questa rubrica dedicata al pot-pourri per illustrare un lungo lavoro di ricerca realizzato da Marta Moletta che qualche lettore avrà già conosciuto attraverso il suo fortunato blog Ortinprogress, che al momento l’autrice ha deciso di mettere a riposo.
Ogni mese Marta, svelerà qualche segreto relativo l’affascinante mondo del pot-pourri, a partire dalla sua storia, qualche aneddoto e le ricette per la sua preparazione.
ph. Marta Moletta
1- Il fascino dei petali nella storia: come è nato il moderno pot-pourri
Il termine pot-pourri è di evidente origine francese, ma nella traduzione è meno poetico di quanto si possa pensare: pot sta per vaso (come in cache-pot, “nascondi vaso”); pourri è il participio passato del verbo pourrir che significa… marcire. Già nell’antichità, infatti, era consuetudine tra gli Egizi far fermentare in vaso i petali di rosa a strati alternati col sale per conservarne le proprietà olfattive. Questo metodo è ancora usato per confezionare in casa i pot-pourris “umidi”. Quello che se ne ricava è un prodotto molto profumato, ma non bello da vedere, e va custodito in un barattolo poroso e decorativo.
Diversa da questa però è l’idea che abbiamo oggi di un pot-pourri: un mucchietto di petali e di foglie secchi in una bella ciotola, che promana un meraviglioso sentore nelle stanze di una casa. Un prodotto facilmente reperibile in un supermercato. Per arrivare ai pot-pourri commerciali di oggi, però, si sono dovuti aspettare diversi secoli, che ne hanno fatto uso per motivi e in modi differenti da quelli nostri.
ph. Marta Moletta
Tracciare una storia del pot-pourri non è facile, e per certi versi è quasi impossibile, tanto poche sono le testimonianze che abbiamo in merito, e tanto è recente il concetto odierno di pot-pourri. La consuetudine di essiccare le piante è antica, senza dubbio, ed è stata uno dei primi metodi di conservazione delle spezie e delle piante alimentari che siano stati adottati dagli esseri umani. Raccogliere parti di piante insieme è usanza che da tempo immemore accompagna la vita degli esseri umani, non solo nel settore alimentare, ma anche in quello della “salute”: miscugli di piante aromatiche, in particolare, sono sempre stati considerati necessari per tenere lontane le malattie, secondo abitudini mediche spesso coincidenti con la mera credenza popolare. Pensate alle maschere dei medici della peste: gli enormi nasi raccoglievano essenze che si credeva scongiurassero i contagi. Il pomander è un esempio molto rappresentativo: termine inglese derivato dal francese “pomme d’ambre”, era costituito da una sfera di ambra grigia aromatizzata anche con altre essenze, e veniva portata al collo o alla cintola, da persone appartenenti alle classi abbienti, come profumo deodorante o addirittura come disuassore cosmetico contro la peste. In altre forme era fatto con un sacchettino contenente spezie ed erbe aromatiche, e a seconda delle possibilità economiche di chi se ne vestiva, poteva essere un ciondolo di metallo prezioso arricchito di gemme. Ora è una decorazione perlopiù natalizia, l’arancia trapunta di chiodi di garofano, da appendere all’abete delle feste. Più prosaicamente, infine, i mazzi delle spose per tradizione sono ricchi di foglie di aromatiche, perché un tempo servivano a prevenire gli svenimenti delle donne.
ph. Marta Moletta
E’ dal Sette-Ottocento che il pot-pourri ha cominciato a diventare quell’elemento di decorazione degli interni delle case che conosciamo oggi: fiocchi di petali di fiori raccolte semplicemente per rallegrare un ambiente col loro colore e profumo. Diverse testimonianze pittoriche ci mostrano donne alle prese con cesti i fiori da setacciare e pulire da foglie e insetti. Il pot-pourri è nato in quest’epoca perché, finalmente, con lo svilupparsi di una vera e propria scienza medica, distinta dalla superstizione e dalla magia, si è svincolato da una funzionalità clinica o correlata alla salute, per diventare un semplice elemento decorativo dell’abitazione. Subito però è diventato anche oggetto di commercializzazione, e con l’affermarsi della classe operaia, difficilmente le famiglie lavoratrici hanno un giardino o anche il tempo di andare a raccogliere fiori per un po’ di freschezza in casa. Più facile aggirarsi per le corsie di un supermercato o nel locale di una erboristeria, e scegliere al volo le essenze che più ci piacciono, in cambio di pochi soldi.
Questa breve e concisissima rassegna storica dimostra che, ai pot-pourri, per un motivo o per l’altro, non abbiamo ancora rinunciato. Dai Notandissimi secreti de l’arte profumatoria dei maestri muschieri di Venezia del Cinquecento, ai fragrance designer del XXI secolo, abbiamo affinato in modo scientifico l’arte di ricavare profumi dai fiori, e anche le tecniche di conservazione degli stessi si avvalgono di sostanze chimiche che fanno miracoli. Ma rispetto al nostro passato più remoto, in noi è rimasto ancora un profondo senso di malìa di fronte allo spettacolo dei petali sciolti dalla corolla di un fiore: le docce di rose nella Domus Aurea, i fossi e i petali di sakura e l’hanami, fino all’immaginario con American beauty, ci dimostrano che nei secoli non siamo riusciti a rinunciare al senso di ricchezza, libertà e felicità che ci dà una pioggia di fiori sopra il nostro capo o tra i palmi congiunti delle nostre mani, né sotto un punto di vista di piacere mondano, né sotto l’aspetto spirituale.
scritto da Marta Moletta per Aboutgarden
Molto interessante! Mi piacerebbe saperne di più e provare a farli in casa. Anche a me non piacciono troppo quelli in commercio ma con le mie profumatissime rose David Austin e la lavanda potrei provare… che dite?
Comunque bravissima Simonetta ?sempre con idee nuove e originali!
Un abbraccio
@simona
Certo che con le rose di Austin, un capolavoro verrà il tuo pot pourri!!!